Il capitale naturale altro non è che l’insieme di tutte le componenti ecosistemiche: aria, acqua, suolo, minerali, specie animali e vegetali. Detto in altri termini, l’insieme di tutti gli organismi viventi e non viventi che si trovano in natura. Tale forma di capitale è essenziale nel garantire, attraverso le funzioni ecosistemiche, benefici plurimi alla popolazione umana: i servizi ecosistemici.

Il capitale naturale è quindi la fonte primaria del benessere umano, un tesoro che va protetto affinchè sia tutelato anche il benessere umano.

Invero, stando poco attenti al capitale naturale, come afferma Serge Latouche “noi non distruggiamo il pianeta, ma soltanto il nostro ecosistema, cioè le nostre possibilità di sopravvivervi.” È come se distruggessimo l’albero da cui dipendiamo per l’aria, la sorgente da cui dipendiamo per l’acqua, il suolo da cui dipendiamo per la fornitura di cibo…

Ma chi tutela il capitale naturale?

Oltre che gli enti di amministrazione e gestione del patrimonio ambientale, vi sono altri soggetti che possono essere attivi nella tutela del capitale naturale. Un esempio concreto sono gli agricoltori. Il capitale naturale è il più grande tesoro per le aziende agricole. Si sente sempre più spesso parlare dei contadini come di custodi del territorio e di antiche tradizioni. Questa affermazione, che rischia a volte di scivolare in un semplicistico romanticismo, o in un qualunquistico “si stava meglio quando si stava peggio”, non consente di discernere efficacemente quelle aziende agricole che realmente si impegnano in modo concreto per conciliare le moderne esigenze di una produzione redditizia con la necessità di preservare le ricchezze naturali presenti sui terreni aziendali o nel territorio in cui sono inserite, rispetto ad aziende il cui impegno è blando o inesistente, e si limitano a puntare alla semplice valorizzazione del prodotto attraverso astute strategie di marketing, magari rifacendosi proprio a quei valori di “naturalità” che in realtà non conoscono o non vogliono impegnarsi a tutelare attivamente.

Altro esempio di soggetto attivo nella tutela del capitale naturale è il consumatore attento; quel consumatore che vuole indirizzare i propri consumi verso la tutela della biodiversità, o almeno evitare di incentivarne l’erosione. Tuttavia, nella giungla del marketing, il consumatore attento ha poca scelta: oltre alla certificazione biologica, spesso inaccessibile per i suoi costi alle aziende di minor dimensione, può orientarsi verso prodotti con certificazione di origine, i cui disciplinari, però, non sempre includono criteri di rispetto verso i valori della biodiversità.

Il consumatore attento può, validamente, scegliere di acquistare presso la realtà dei mercati contadini, il cui successo si basa sull’attivazione di una sensibilità verso il consumo locale ed a “km zero”; una realtà che ha il grande pregio di avvicinare, e far conoscere, i produttori ai consumatori; di arricchire il rapporto commerciale di mera utilità con un rapporto di fiducia, stringendo un legame sociale importante per la coesione delle comunità nei territori.

Tuttavia manca ancora uno strumento che possa garantire l’attivazione di processi che garantiscono la tutela attiva del capitale naturale. Proprio nel contesto del legame fiduciario che lega agricoltori e consumatori attraverso il luogo fisico e l’intermediazione del mercato contadino, nasce l’idea di integrare una valutazione dell’impatto delle aziende sulla biodiversità, per offrire al consumatore un ulteriore elemento di consapevolezza nell’orientare le proprie scelte di acquisto, ed al produttore un modo per far riconoscere ai clienti il giusto valore del capitale naturale amministrato.

Abbiamo pensato ad un innovativo metodo di valutazione dell’impatto sostenibile delle aziende-agro-silvo-pastorali. Per avere informazioni dettagliate su tale strumento puoi contattarci per telefono o via mail.